Commerciante che uccide il ladro: è applicabile la scriminante?
Con la sentenza n. 21794/2020, i Giudici della Suprema Corte sono tornati sullo spinoso tema della legittima difesa e sui confini applicativi.
Nel caso in esame, l'imputato era stato condannato per l'omicidio volontario di un ladro che aveva fatto irruzione notturna nel suo esercizio commerciale.
L'imputato, titolare di un negozio di abbigliamento situato sotto la sua abitazione e non collegata all'esercizio commerciale, accortosi dell'intrusione del ladro, si muniva della pistola legittimamente detenuta e decideva di scendere le scale per raggiungere l'ingresso del negozio.
Esplosi i primi colpi d'arma da fuoco in aria, altri colpi all'indirizzo dell'autovettura dei ladri, rendendola inservibile, indirizzava ulteriori colpi all'indirizzo del soggetto che ne era uscito, attingendolo in diverse parti del corpo, così causandone la morte.
In primo e secondo grado è stata categoricamente respinta la tesi difensiva della scriminante della legittima difesa di cui all'art. 52 c.p. sul presupposto che l'imputato, al momento dell'intrusione dei malviventi, si trovasse al sicuro nella propria abitazione, non raggiungibile dal locale commerciale e che pertanto non fossero sussistenti i requisiti della legittima difesa, stante l'assoluta assenza di necessità di agire in tal modo, ben potendo, costui, affidarsi all'intervento della forza pubblica.
Con ricorso per Cassazione la difesa del commerciante invocava la sopravvenienza della modifica legislativa volta a scriminare proprio il comportamento di chi – come l'imputato – abbia agito reagendo avverso l’altrui aggressione al patrimonio, in un luogo equiparato al domicilio, quale l’esercizio commerciale.
Infatti, nelle more era intervenuta la L. n. 36/2019 che ha modificato la disciplina della legittima difesa sotto plurimi versanti.
In primo luogo, si è inteso rafforzare la presunzione di proporzionalità tra offesa e reazione, prevedendo che tale rapporto sussista “sempre” (art. 52, co. II, c.p.) nell'ipotesi di difesa armata esercitata nei confronti di colui che si introduca nel domicilio o nei luoghi a questo equiparati dalla legge, quali esercizi commeriali, professionali o imprenditoriali.
In secondo luogo, si è inteso introdurre una vera e propria presunzione di sussistenza della scriminante della legittima difesa (art. 52, co. IV, c.p.) e di tutti i suoi requisiti - e non solo della presunzione di proporzionalità tra offesa e reazione – affermando che “agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.
Da ultimo, è stato delimitato l'ambito di punibilità dell'eccesso colposo (art. 55, co. II, c.p.) prevedendo l'esclusione della punibilità per chi, trovandosi in una delle ipotesi di cui all'art. 52, co. II, III e IV, c.p. abbia commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ed abbia agito in condizione di minorata difesa (art. 61, n. 5, c.p.) ovvero in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto.
La Suprema Corte, ricostruiti gli accadimenti storico-temporali che hanno portato all'omicidio del ladro, ha spiegato come non può ritenersi scriminato nemmeno il comportamento dell’imputato in ragione delle modifiche apportate all’art. 52 c.p. dalla novella legislativa del 2019.
Nonostante l’introduzione dell’avverbio “sempre” al secondo comma dell’art. 52 c.p. (c.d. presunzione di proporzionalità tra reazione e aggressione), non può dirsi superato l’impianto normativo originale nella parte in cui prevede, tra gli altri requisiti, la presenza dell’agente nel domicilio violato e la non altrimenti neutralizzabilità della condotta della vittima mediante altre reazioni, scegliendo tra tutte le possibili alternative, quella meno lesiva.
In altri termini, la modifica normativa non ha fatto venire meno la necessità di un'indagine in ordine all'accertamento di tutti gli altri elementi costitutivi della scriminante.
Nel caso di specie, l’imputato era in un luogo diverso da quello in cui si stava consumando il furto e volontariamente armatosi si era ivi recato esplodendo plurimi colpi alla persona del ladro, provocandone il decesso.
L'imputato avrebbe potuto astenersi dall'intraprendere uno scontro armato e avrebbe potuto rivolgersi all'autorità di polizia.
A parere della Corte di Cassazione nemmeno l'aggiunta del comma 4 consente un'indiscriminata reazione contro chi si introduca o si intrattenga, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, nella dimora altrui o nei luoghi ad essa equiparati.
E' lo stesso incipit della disposizione a delimitarne l'ambito di applicazione (“nei casi di cui ai commi II e III”): per espressa previsione legislativa è comunque necessaria la sussistenza della necessità ed inevitabilità della condotta reattiva, circostanze che, nel caso in oggetto, devono ritenersi escluse.
In conclusione, la Suprema Corte ha sottolineato che “la nuova normativa non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela dell'incolumità e della sicurezza dei cittadini, esercitata attraverso l'azione generosa delle Forze di Polizia”