Il 'decreto sicurezza'

I profili penali dell'ultimo intervento in materia di sicurezza pubblica e immigrazione

Il 27 novembre 2018, il Parlamento ha convertito in legge il decreto - legge 4 ottobre 2018, n. 113, meglio noto come “decreto sicurezza”. Il provvedimento, oggetto di un’importante campagna mediatica ad opera dei loro promotori, prevede nuove disposizioni, rilevanti dal punto di vista penalistico, in materia di immigrazione, sicurezza pubblica e lotta alla mafia.

Per quanto riguarda il fenomeno dell’immigrazione, il citato decreto elimina i permessi di soggiorno per motivi umanitari e li sostituisce con i cd. permessi speciali, concessi solo in presenza di particolari situazioni, ovvero: a coloro che siano vittime di grave sfruttamento o di violenza domestica; a coloro che fuggono dalle calamità naturali in atto nel proprio paese; a coloro per i quali non sia possibile l’espulsione; a coloro che hanno bisogno di cure mediche e a coloro che si siano distinti in atti di particolare valore civile.
Il testo prevede inoltre che i richiedenti asilo possano essere trattenuti, per un periodo massimo di trenta giorni, nei cd. hotspots (punti di crisi) per accertare la loro identità e cittadinanza e, nel caso in cui non fosse possibile ottenere le informazioni richieste, vi è un ulteriore termine di trattenimento di centottanta giorni all’interno dei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR), termine attualmente raddoppiato (da tre a sei mesi).
Nel caso in cui venga meno la disponibilità (per incapienza) di questi centri destinati ad ospitare gli stranieri in attesa di espulsione, il “decreto sicurezza” prevede la possibilità di allocare gli stranieri in strutture di pubblica sicurezza, previa autorizzazione del giudice di pace, su richiesta del questore.
Il decreto riserva poi esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati i progetti di integrazione e inclusione previsti dallo SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).
Il provvedimento infine estende la lista dei reati che comportano la mancata concessione dello status di rifugiato e la revoca del medesimo in caso di condanna. Oltre a quelli previsti all’art. 407, comma II, lett. a) c.p.p., sono inclusi anche i reati di resistenza a pubblico ufficiale, le lesioni personali gravi, la mutilazioni di genitali femminili, le lesioni personali gravi o gravissime ad un pubblico ufficiale in servizio in occasione di manifestazioni sportive, il furto aggravato da porto d’armi o narcotici.

In materia di sicurezza pubblica il testo del decreto introduce: l'applicabilità dal taser, utilizzabile anche dalla Polizia locale dei comuni con più di centomila abitanti; l’estensione delle ipotesi previste all’art. 282 bis, co. VI c.p.p., che consente di adottare il provvedimento di allontanamento dalla casa familiare e applicare il braccialetto elettronico, inserendo nel predetto articolo le fattispecie di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori.
L’art. 19 del decreto sicurezza estende il DASPO (divieto di accedere a manifestazioni sportive) a chi sia indiziato di delitti di terrorismo, anche internazionale, o di reati contro lo Stato o contro l’ordine pubblico. Il testo prevede inoltre un’estensione del “DASPO urbano” (divieto di accesso e ordine di allontanamento a “chi ponga in essere condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione di tali luoghi”) alle aree in cui si svolgono fiere, mercati o spettacoli pubblici e nei presidi sanitari.
Tornano ad essere sanzionati penalmente i blocchi stradali e le ostruzioni o gli ingombri di strade ferrate, considerati prima mera violazione amministrativa.

In materia di lotta alla mafia, il "decreto sicurezza" apporta anche alcune modifiche al codice antimafia (D.Lgs. 159/2011).
Con riferimento alle misure di prevenzione personali viene introdotta la condanna alle spese processuali del soggetto sottoposto a misura che abbia proposto impugnazione, in caso di conferma del provvedimento impugnato.
Con riguardo alle misure di prevenzione patrimoniali vengono snelliti i procedimenti, soprattutto con riferimento agli obblighi in capo al questore e al direttore della Direzione investigativa antimafia. Viene eliminata la sanzione dell’inammissibilità per la proposta di misura di prevenzione, se prima non comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto e viene, altresì, escluso l'onere di trasmettere al procuratore della Repubblica il provvedimento motivato quando, a seguito delle indagini, il questore o il direttore abbiano deciso di non formulare richiesta di applicazione della misura.
In riferimento alle indagini patrimoniali, si prevede che la polizia giudiziaria possa procedere al sequestro della documentazione utile ai fini delle indagini stesse nei confronti dei destinatari delle misure di prevenzione, previa autorizzazione del procuratore della Repubblica o del giudice che procede. Altra rilevante modifica al codice antimafia è determinata dall’estensione degli effetti delle misure di prevenzione anche ai soggetti condannati per truffa ai danni dello Stato o di altro ente pubblico e di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Da segnalare l’inasprimento delle pene (da mere contravvenzioni a delitti, puniti con la reclusione da uno a cinque anni, oltre alla sanzione pecuniaria) per gli appaltatori che, illecitamente, ricorrano a subappalto. Sono ulteriormente aggravate le pene (reclusione fino a quattro anni unitamente a sanzione pecuniaria) nei casi di invasione di terreni o edifici, per i promotori o organizzatori dell’invasione e nei confronti di coloro che abbiano compiuto il fatto armati (art. 633 c.p.).
In tema di procedure di gestione e destinazione dei beni confiscati alla mafia si prevede il potenziamento degli organici dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscasti alla mafia. Si introduce la possibilità di vendita dei beni confiscati alla criminalità organizzata anche ai privati, a soggetti che riversino in particolari condizioni di disagio (economico o sociale), a seguito però di rigorosi controlli volti a verificare che i beni non ritornino nelle mani della mafia.