Non è reato affittare un immobile ad una prostituta. A cura di Federica Tartara
All’interno dell’ordinamento italiano la prostituzione rappresenta un comportamento socialmente riprovevole e, con la Legge n. 75 del 1958, la c.d. Legge Merlin, è stata abolita la regolamentazione della prostituzione, con conseguente chiusura delle “case chiuse”, ovvero i luoghi in cui veniva esercitato il meretricio. Tuttavia, la prostituzione in sé non è penalmente illecita: la condotta vietata è l’induzione, il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione altrui.
Ciò premesso è importante considerare il nuovo orientamento giurisprudenziale con riguardo alla locazione di un immobile nella consapevolezza che il conduttore vi eserciterà la prostituzione. Con la sentenza del 31 gennaio 2018, n. 4571, la Corte di Cassazione ha affermato che “non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione la cessione in locazione di un appartamento, a prezzo di mercato, pur nella consapevolezza che ivi si eserciterà la prostituzione, a meno che vengano fornite prestazioni accessorie che vadano oltre il mero aiuto alla persona, concretizzandosi in un’oggettiva agevolazione all’esercizio del meretricio”.
Pertanto non ogni locazione di un immobile ad un soggetto che vi eserciterà la prostituzione integra gli estremi del reato di favoreggiamento, poiché dovrà sussistere una concreta e reale volontà del locatore di favorire l’esercizio della prostituzione, non essendo sufficiente la messa a disposizione dell’immobile. Infatti, lo scopo del contratto di locazione è la soddisfazione delle esigenze abitative della persona, mentre il comportamento che la legge intende punire non è quello dell’aiuto alla persona che esercita questo tipo di attività, ma quello di chi cerchi, in qualche modo, di agevolare l’esercizio del meretricio.
La Suprema Corte individua gli estremi della condotta punibile nella distinzione che intercorre tra favoreggiamento della prostituzione e il favoreggiamento della prostituta, a sua volta ricollegata al tema dell’efficienza causale e afferma che l’evento del reato non è la prostituzione in senso stretto, ma l’agevolazione che si offre a questo fine. Viene quindi affermato, in accordo con altre pronunce, che la mera locazione di un immobile, a prezzo di mercato – importante che la locazione avvenga a prezzo di mercato, altrimenti, ove il locatore abbia riscosso un canone sproporzionato e abbia tratto un ingiusto vantaggio dalla prostituzione di altri, si configura la fattispecie di sfruttamento - non configura il reato di favoreggiamento.
Perché l’affitto di un immobile a una persona che vi eserciterà il meretricio integri gli estremi del favoreggiamento, occorrerà che il locatore fornisca anche prestazioni accessorie, volte a favorire il meretricio che esulino dal contratto di locazione (inserzioni pubblicitarie, fornitura di profilattici ecc.).
Per quanto riguarda la fattispecie di induzione alla prostituzione, questa ricomprende le condotte di persuasione, determinazione, convincimento operate nei confronti di una persona affinché questa offra il proprio corpo dietro corresponsione di denaro. A conferma di quanto già affermato all’art. 3 della Legge Merlin vi è la sentenza del 22 gennaio 2018, n. 2399, in cui la Suprema Corte ha affermato che “costituisce induzione alla prostituzione ogni condotta dell’agente che abbia un’efficacia causale e rafforzativa dell’altrui volontà a concedere il proprio corpo”. Anche in questo secondo caso si richiama il criterio dell’efficienza causale e viene sancito quale comportamento penalmente rilevante la condotta di chi determini, ma in alcuni casi anche solo rafforzi, la volontà di una persona a prostituirsi