Delitti contro la persona

La tutela della persona

Cosa c'è da sapere

I “delitti contro la persona”, trattati nel titolo XII del Libro II del codice penale, sono i reati che offendono direttamente i beni essenziali dell’individuo, ovvero la vita, l’incolumità fisica, la libertà e l’onore.

Le fattispecie penalmente rilevanti sono suddivise in: “delitti contro la vita e l’incolumità individuale”; “delitti contro l’onore” e “delitti contro la libertà individuale”, che a loro volta comprendono i delitti contro la personalità individuale; i delitti contro la libertà personale; i delitti contro la libertà morale; i delitti contro la inviolabilità del domicilio e i delitti contro la inviolabilità dei segreti.

Alcuni esempi.

Omicidio (artt. 575 e ss. c.p.)

L’omicidio è l’uccisione di un uomo cagionata da un altro uomo con un comportamento doloso o colposo e in assenza di cause di giustificazione. L’art. 575 c.p. recita: “chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”.

Lo scopo della norma è tutelare la vita umana. Lo Stato difende quest’ultima nell’interesse dell’individuo e anche nell’interesse della collettività. La vita di ognuno, infatti, ha anche un valore sociale, in quanto l’individuo ha doveri sia nei confronti della famiglia che nei confronti dello Stato.

La condizione necessaria perché si configuri la fattispecie di “omicidio” è che il destinatario dell’azione sia un soggetto in vita. Invece, elementi quali il sesso, l’età, le condizioni di corpo e di mente, la nazionalità, non hanno alcun rilievo ai fini della sussistenza del reato.

Dal punto di vista materiale, gli elementi essenziali del reato sono tre: la condotta umana, che può essere un’azione o un’omissione, mentre i mezzi possono essere fisici o psichici; l’evento, cioè la morte di una persona; il nesso di causa.

Dal punto di vista soggettivo, è possibile distinguere tre figure di omicidio: omicidio doloso (art. 575 c.p.); omicidio colposo (art. 589 c.p.); omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.)

Rissa

L’art. 588 c.p. punisce “chiunque partecipa ad una rissa”. Il solo fatto di prendere parte a una rissa è sufficiente per la realizzazione del reato. Al contrario, il codice previgente, per la punibilità del reato di rissa, esigeva la verificazione dell’evento morte o lesione di un partecipante alla rissa.

Si configura il reato di rissa ogni qualvolta risultano coinvolte nello scontro fisico almeno tre persone e si ritiene consumato anche se l’aggressione è reciproca. Infatti, risulta scriminato solo nel caso in cui un gruppo di soggetti risponda agli attacchi (ingiustificati) di un altro gruppo di persone al solo scopo di difendersi legittimamente.

Se durante la contesa qualche partecipante rimane ucciso o ferito il reato è aggravato (per tutti i partecipanti).

Omissione di soccorso

L’art. 593 c.p. contemplate due distinte ipotesi di omissione di soccorso: la prima si configura quando l’autore, trovando abbandonato o smarrito, un soggetto minore o incapace omette di avvisare immediatamente l’autorità di pubblica sicurezza; la seconda, invece, si configura quando un soggetto, trovando un corpo inanimato ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza o di darne immediato avviso all’autorità di pubblica sicurezza.

Non è necessario che sussista un particolare dovere di assistenza, infatti, in tal caso si applica la norma speciale (ad es. l’art. 328 c.p.: omissione di atti d’ufficio).

L’art. 189 del codice della strada disciplina l’omissione di soccorso nel caso in cui la situazione di pericolo è stata determinata dal comportamento di un conducente di veicoli.

L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, infatti ha l’obbligo di fermarsi e di prestare soccorso alla persona ferita.

Area di attività:

Diritto Penale

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