Cosa c'è da sapere
Il titolo XI del libro II del codice penale punisce i fatti che offendono, o mettono in pericolo, l’istituto della famiglia e gli aspetti che la compongono, ovvero: il matrimonio, la morale familiare, l’assistenza familiare.
Il D.lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013 ha previsto una revisione in materia di filiazione finalizzata a definire l’uguaglianza giuridica di tutti i figli, siano essi nati nel matrimonio o fuori da esso, nel rispetto della Costituzione e degli obblighi internazionali.
Inoltre, l’espressione “potestà genitoriale” è stata sostituita con “responsabilità genitoriale”.
Con questa riforma i reati previsti dagli articoli 559, 560, 561, 562 e 563 c.p. sono stati abrogati.
Il concetto di “famiglia” alla luce della Legge n. 76 del 20 maggio 2016 (unioni civili)
La Legge n. 76 del 20 maggio 2016 ha definito e regolato le unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Per effetto del D. Lgs. n. 6 del 19 gennaio 2017, alla figura del coniuge è stata equiparata quella del soggetto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Tutto ciò ha influenzato il diritto penale sostanziale. Per esempio, è stato introdotto l’art. 574 ter c.p. secondo cui “agli effetti della legge penale il termine ‘matrimonio’ si intende riferito anche alla costituzione di un’unione civile tra persone dello stesso sesso”. Altro esempio è rappresentato dalla modifica dell’art. 649, co. 1, c.p., il quale prevede una causa di non punibilità a favore di alcuni familiari, quali il coniuge non legalmente separato, i parenti, gli affini in linea retta, i fratelli conviventi, nonché la parte dell’unione civile tra le persone dello stesso sesso.
Le principali figure delittuose:
Bigamia (art. 556 c.p.)
E’ un reato che punisce chiunque, essendo legato da matrimonio, ne contrae un altro, o non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili.
La ratio della norma è la tutela della struttura monogamica del matrimonio.
Il delitto si consuma, in caso di matrimonio civile, nel luogo e nel momento della celebrazione; nel caso di matrimonio religioso, invece, nel luogo e nel momento della trascrizione nei registri dello stato civile.
E’ un reato plurisoggettivo, in quanto deve essere commesso da due soggetti, di cui uno già coniugato.
L’elemento soggettivo previsto dalla norma è il dolo generico, ovvero la volontà di contrarre il nuovo matrimonio nella consapevolezza dell’esistenza di un precedente vincolo coniugale. Questa consapevolezza può caratterizzare anche in uno solo dei soggetti, quello in difetto di tale consapevolezza andrà esente da pena.
Incesto (art. 564 c.p.)
Commette incesto “chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello”.
Il delitto si consuma nel momento in cui si verifica il pubblico scandalo, ovvero quel senso di turbamento e disgusto che si produce nella coscienza pubblica, e che pertanto costituisce una condizione obiettiva di punibilità (art. 44 c.p.).
Il dolo previsto dalla norma è generico, ovvero, la volontà dell’atto con la consapevolezza del rapporto di parentela o affinità e che da ciò ne possa derivare pubblico scandalo.
L’art. 564 c.p. prevede due aggravanti nel caso in cui la relazione incestuosa abbia carattere continuativo e nel caso in cui l’incesto sia commesso da persona maggiorenne con un minorenne (aggravante applicabile solo al maggiorenne).
L’art. 564 c.p. può concorrere, qualora vi sia violenza, con il reato di violenza sessuale ex art. 609 bis c.p.
Pena accessoria: perdita della responsabilità genitoriale.
Occultamento di stato di un figlio (art. 568 c.p.)
Chiunque depone o presenta un fanciullo, già iscritto nei registri di stato civile, con un figlio nato nel matrimonio o riconosciuto, in un ospizio di trovatelli o in un altro luogo di beneficenza, occultandone lo stato.
L’elemento qualificante del reato è la preventiva iscrizione del figlio nei registri dello stato civile; altrimenti, in caso di mancanza di tale elemento, si configura il delitto di cui all’art. 566 c.p. (soppressione di stato).
Violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.)
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico o avendo una condotta contraria all’ordine o alla morale della famiglia, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge.
La norma prevede tre ipotesi, le quali devono considerarsi reati autonomi e pertanto possono concorrere tra loro qualora si verifichino contemporaneamente.
Presupposto per l’esistenza del reato è che il soggetto che ha diritto agli alimenti versi in condizioni di bisogno e che vi sia l’obbligo giuridico di prestare gli alimenti.
È un reato omissivo e permanente, in quanto lo stato di consumazione persiste per tutto il tempo in cui si manifesta la condotta omissiva.
Maltrattamenti contro familiare e conviventi (art. 572 c.p.)
“Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente (sanzionante l’abuso dei mezzi di correzione o di disciplina), maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia per l’esercizio di una professione o di un’arte”.
Tale norma è stata oggetto di modifiche ad opera della Legge n. 172 del 1 ottobre 2012 (ratifica della Convenzione di Lanzarote) e della Legge n. 119 del 15 ottobre 2013 (c.d. decreto antiviolenza).
I maltrattamenti si traducono in una condotta abituale che si manifesta con più atti, delittuosi o non, realizzati con la volontà e la consapevolezza di ledere l’integrità fisica e il patrimonio morale del soggetto passivo, il quale vive una condizione dolorosa. Il reato si può configurare anche attraverso comportamenti omissivi (es. l’atteggiamento indifferente del genitore nei confronti del figlio).
È prevista un’aggravante nel caso in cui dal fatto derivi una lesione personale grave, una lesione gravissima o la morte della vittima
Sottrazione e trattenimento di minore all’estero (art. 574 c.p.)
“Chiunque sottragga o trattenga un minore all’estero contro la volontà del soggetto investito dell’esercizio della responsabilità genitoriale o del tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l’esercizio della responsabilità genitoriale”.
Il reato è stato introdotto dal c.d. “pacchetto sicurezza” (Legge n. 94 del 15 luglio 2009).
E’ un reato permanente poiché caratterizzato da un’azione iniziale, la sottrazione, che si protrae nel tempo attraverso la conduzione e il trattenimento del minore all’estero contro la volontà del genitore o del tutore.
Pena accessoria: sospensione dell’esercizio della potestà genitoriale (art. 34 c.p.) se il reato è commesso da un genitore nei confronti del figlio minorenne.