Accertamenti sulla personalità del minore
Il processo a carico di imputati minorenni si caratterizza per il costante richiamo alle esigenze educative e alla possibilità di recupero sociale dello minore. Gli accertamenti sulla personalità costituiscono l'elemento qualificante del rito minorile, che mira a limitare l'impatto del minore con la giustizia penale e ad assicurargli il diritto all’assistenza affettiva e psicologica di cui ha bisogno
Cosa c'è da sapere
Nel processo penale minorile non è sufficiente accertare l’accadimento di un fatto delittuoso e che un minore lo abbia commesso, occorre altresì svolgere una serie di operazioni in ordine alle condizioni in cui il fatto è stato commesso e alle risorse psico – sociali che gravitano intorno al minore.
La norma cardine del processo penale minorile è l'art. 9 D.P.R. 448/1988, la quale attribuisce agli organi giudiziari (pubblico ministero e giudice) il compito di acquisire nel corso del processo “elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine di accertare il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto nonché disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili”.
Dall’analisi della norma si evince che la devianza minorile non è determinata solamente dalla personalità del soggetto che delinque, ma deve essere collegata ad un insieme di fattori esterni che interagiscono tra loro.
L'indagine quindi non deve essere limitata solo ad eventuali precedenti penali, ma deve estendersi alle condizioni di vita in cui versa il minore, alle ragioni della sua delinquenza, analizzando il contesto familiare, il grado di educazione e istruzione del minore, la natura del reato commesso, il comportamento antecedente la commissione del fatto, ma anche quello contemporaneo e successivo.
Sono pertanto necessari accertamenti finalizzati ad avere una conoscenza approfondita della personalità del minore ed elementi che siano idonei a consentire costanti aggiornamenti nel corso dell’indagine (che spesso prosegue in fase processuale).
Lo scopo delle verifiche sarà quello di accertare, innanzitutto, l'imputabilità del soggetto minore e il grado di responsabilità, e, in secondo luogo, accertare la rilevanza sociale del fatto commesso, disporre le adeguate misure e decidere se adottare provvedimenti civili.
Secondo la recente giurisprudenza gli accertamenti sulla personalità del minorenne sono obbligatori in ragione del principio per cui lo strumento processuale deve, principalmente, evitare o, quantomeno, limitare gli effetti pregiudizievoli connessi all’impatto del minore con il sistema di giustizia.
Un margine di discrezionalità è riconosciuto però ai mezzi utilizzati per l'indagine. L’osservazione del giudice può essere di tipo “diretto”, avendo riguardo al comportamento tenuto dal minore nel corso del processo, ma anche un'osservazione di tipo “indiretto”, cioè compiuta avvalendosi dell’ausilio dei servizi minorili, i quali rappresentano il canale privilegiato per raccogliere le informazioni utili.
Il secondo comma dell’art. 9 D.P.R. 448/1988 enuncia due strumenti speciali di indagine: l’assunzione di informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minore e l’acquisizione del parere degli esperti.
Per quanto riguarda i soggetti che abbiano avuto contatti con il minore, l’importanza di queste informazioni risiede nella possibilità di conoscere il minorenne, entrare a far parte potenzialmente del ‘suo mondo’ per comprendere le reti di comunicazioni e gli interessi dello stesso.
Per quanto riguarda invece il “parere degli esperti” si fa riferimento a soggetti esperti in scienze umane quindi psicologi, psichiatri, criminologi, educatori, il cui fine è quello di svolgere indagini, acquisire dati e trarre valutazioni per avere una visione più approfondita del minore e del contesto in cui vive.
I soggetti destinatari degli accertamenti di cui all’art. 9 D.P.R. 448/1988 sono coloro che, al momento della commissione del fatto, non hanno ancora compiuto i diciotto anni di età, indipendentemente dall’età raggiunta nelle more del processo.
La riprova che la norma in esame rappresenta il cardine di tutto il sistema processuale minorile si ricava dall'art. 220, co. II, c.p.p., la quale vieta ogni tipo di perizia che sia volta ad accertare il carattere e la personalità dell'imputato. Il divieto di indagini psicologiche nei confronti degli imputati (adulti) deriva dal fatto che le prove di colpevolezza non posso essere influenzate dalla personalità e dalle attitudini del soggetto.
L'art. 9 D.P.R. 448/1988, derogando un principio cardine del sistema processuale, introduce un elemento caratterizzante il processo minorile, infatti, nel processo minorile l’indagine sulla personalità del minore è obbligatoria poiché, in certi casi, potrebbe condurre alla definizione del processo per immaturità dell’imputato.
La norma cardine del processo penale minorile è l'art. 9 D.P.R. 448/1988, la quale attribuisce agli organi giudiziari (pubblico ministero e giudice) il compito di acquisire nel corso del processo “elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine di accertare il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto nonché disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili”.
Dall’analisi della norma si evince che la devianza minorile non è determinata solamente dalla personalità del soggetto che delinque, ma deve essere collegata ad un insieme di fattori esterni che interagiscono tra loro.
L'indagine quindi non deve essere limitata solo ad eventuali precedenti penali, ma deve estendersi alle condizioni di vita in cui versa il minore, alle ragioni della sua delinquenza, analizzando il contesto familiare, il grado di educazione e istruzione del minore, la natura del reato commesso, il comportamento antecedente la commissione del fatto, ma anche quello contemporaneo e successivo.
Sono pertanto necessari accertamenti finalizzati ad avere una conoscenza approfondita della personalità del minore ed elementi che siano idonei a consentire costanti aggiornamenti nel corso dell’indagine (che spesso prosegue in fase processuale).
Lo scopo delle verifiche sarà quello di accertare, innanzitutto, l'imputabilità del soggetto minore e il grado di responsabilità, e, in secondo luogo, accertare la rilevanza sociale del fatto commesso, disporre le adeguate misure e decidere se adottare provvedimenti civili.
Secondo la recente giurisprudenza gli accertamenti sulla personalità del minorenne sono obbligatori in ragione del principio per cui lo strumento processuale deve, principalmente, evitare o, quantomeno, limitare gli effetti pregiudizievoli connessi all’impatto del minore con il sistema di giustizia.
Un margine di discrezionalità è riconosciuto però ai mezzi utilizzati per l'indagine. L’osservazione del giudice può essere di tipo “diretto”, avendo riguardo al comportamento tenuto dal minore nel corso del processo, ma anche un'osservazione di tipo “indiretto”, cioè compiuta avvalendosi dell’ausilio dei servizi minorili, i quali rappresentano il canale privilegiato per raccogliere le informazioni utili.
Il secondo comma dell’art. 9 D.P.R. 448/1988 enuncia due strumenti speciali di indagine: l’assunzione di informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minore e l’acquisizione del parere degli esperti.
Per quanto riguarda i soggetti che abbiano avuto contatti con il minore, l’importanza di queste informazioni risiede nella possibilità di conoscere il minorenne, entrare a far parte potenzialmente del ‘suo mondo’ per comprendere le reti di comunicazioni e gli interessi dello stesso.
Per quanto riguarda invece il “parere degli esperti” si fa riferimento a soggetti esperti in scienze umane quindi psicologi, psichiatri, criminologi, educatori, il cui fine è quello di svolgere indagini, acquisire dati e trarre valutazioni per avere una visione più approfondita del minore e del contesto in cui vive.
I soggetti destinatari degli accertamenti di cui all’art. 9 D.P.R. 448/1988 sono coloro che, al momento della commissione del fatto, non hanno ancora compiuto i diciotto anni di età, indipendentemente dall’età raggiunta nelle more del processo.
La riprova che la norma in esame rappresenta il cardine di tutto il sistema processuale minorile si ricava dall'art. 220, co. II, c.p.p., la quale vieta ogni tipo di perizia che sia volta ad accertare il carattere e la personalità dell'imputato. Il divieto di indagini psicologiche nei confronti degli imputati (adulti) deriva dal fatto che le prove di colpevolezza non posso essere influenzate dalla personalità e dalle attitudini del soggetto.
L'art. 9 D.P.R. 448/1988, derogando un principio cardine del sistema processuale, introduce un elemento caratterizzante il processo minorile, infatti, nel processo minorile l’indagine sulla personalità del minore è obbligatoria poiché, in certi casi, potrebbe condurre alla definizione del processo per immaturità dell’imputato.
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