Il perdono giudiziale
Il perdono giudiziale rappresenta una delle forme attraverso cui può concludersi favorevolmente un procedimento penale minorile. L’applicazione dell’istituto deriva da una valutazione discrezionale del giudice riguardo la possibilità di delinquere del minore e l’opportunità di intervenire con una sanzione penale nei confronti di un soggetto debole, ancora in corso di sviluppo, per cui una condanna potrebbe essere pregiudizievole per il futuro
Cosa c'è da sapere
L’istituto giuridico del perdono giudiziale è stato introdotto nella legislazione italiana nel 1930, ovvero nell’art. 169 c.p., e rappresenta un caso speciale di estinzione del reato.
Si tratta di uno degli istituti di maggiore interesse del sistema penale minorile poiché rispecchia i principi su cui si basa tutto il processo - principio di minima offensività, residualità ed eccezionalità del carcere, facoltatività e de-stigmatizzazione del minore - che mira a tutelare il minore dagli effetti negativi che potrebbero derivare da una condanna in capo ad un soggetto fragile, con personalità ancora in corso di sviluppo.
Il perdono giudiziale interviene nel corso di un procedimento penale già iniziato, quindi a seguito dell’esercizio dell’azione penale.
Si può fare ricorso all’istituto in esame quando il giudice ha positivamente accertato l’imputabilità e la responsabilità penale del minore e reputi che possa essere applicata una pena detentiva non superiore a due anni di reclusione o una pena pecuniaria, sola o congiunta a quella detentiva, non superiore a 1.549 euro.
L’ambito di applicabilità dell’istituto è stato ampliato con il R.D.L. n. 1404 del 1934, poiché inizialmente il riferimento alla pena della reclusione era sempre di due anni, ma non della pena effettiva, applicata in concreto, ma della pena edittale. Oggi, il riferimento alla pena applicabile in concreto, rende l’istituto del perdono applicabile anche per reati di una certa gravità.
Ulteriori presupposti per la concessione del beneficio del perdono giudiziale sono che il minore non abbia riportato precedenti condanne a pene detentive e che non si tratti di un delinquente abituale, professionale o per tendenza. Soprattutto viene concesso quando il giudice abbia ragionevoli motivi di ritenere che il minore non commetterà ulteriori reati. Si tratta di una valutazione prognostica riguardo alla recidiva che deve essere fatta, da parte del giudice, secondo i parametri indicati dall’art. 133 c.p.
Nella sua valutazione discrezionale il giudice dovrà tener conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del minore alla luce della natura, dell’oggetto, del tempo e delle modalità del fatto, della gravità del danno commesso, del grado di coscienza del minore nel commettere il fatto. Ma dovrà altresì tenere in considerazione i motivi che hanno portato il minorenne a delinquere, l’esistenza di eventuali precedenti penali e giudiziari ed estendere l’indagine anche alle condizioni di vita familiare e sociale del soggetto imputato. In questa indagine potrebbero risultare utili le relazioni di psicologi ed esperti che hanno, eventualmente, seguito il minore durante la crescita.
In concreto, il perdono giudiziale consiste nella “rinuncia alla punizione” da parte dello Stato, una sorta di “premio” attribuito al minore. Il giudice potrà perdonarlo o astenendosi dal pronunciare il rinvio a giudizio, nel caso di udienza preliminare, oppure astenendosi dal pronunciare la condanna, qualora vi sia già nel corso del giudizio.
Il perdono può essere concesso una sola volta e non può essere revocato poiché produce un effetto estintivo immediato. La sentenza emessa sarà una sentenza di non luogo a procedere e dovrà essere iscritta nel certificato del casellario giudiziale, dal quale sarà cancellata al compimento del ventunesimo anno di età.